A due anni ancora non dorme! Che cosa sta succedendo? E’ cresciuto eppure fa fatica ancora a dormire?! Lo sgomento può essere il vissuto dei genitori che hanno un bambino di circa due anni. Con fatica il piccolo ormai aveva preso il suo ritmo e finalmente le notti erano più tranquille… Mamma e papà avevano tirato un sospiro di sollievo: ormai il grosso è fatto! Proprio non ci si aspettava questo ritorno: il bimbo ha di nuovo difficoltà a dormire. Non ci sono influenze, dolori da dentizione, digestioni difficoltose…e allora che cosa sta succedendo?!
Perché a due anni ancora non dorme?
Una risposta si può trovare nella fase evolutiva che il bambino sta vivendo.
Dalla nascita, fino ai tre anni circa, il piccolo ha un grande compito; quello che Margaret Mahler, psicoanalista statunitense, chiama processo di separazione-individuazione. Con questi termini viene indicata la nascita psicologica della persona.
Con separazione si intende l’emergere dalla fusione simbiotica con la madre; in altre parole il bambino inizia a considerarsi non più un tutt’uno con la mamma, ma separato da essa; mentre con individuazione si indica l’acquisizione delle caratteristiche individuali, per cui il piccolo riconosce la propria unicità e diversità dagli altri, in particolare modo dalla madre.
Tra i 18 mesi e i 2 anni il bambino, che sa camminare, ha iniziato ad esprimersi con il linguaggio, riesce a farsi delle idee proprie rispetto al mondo e a se stesso; diventa sempre più consapevole di essere un’entità separata dalla mamma e per questo si rende conto della propria vulnerabilità.
E’ anche contento e orgoglioso di sapere fare tante cose da solo, senza l’aiuto di nessuno, e proprio questo lo mette, in modo molto forte, di fronte al fatto che sta crescendo e che, seppur bello, comporta qualche rischio di cui ha paura.
E così ha bisogno di rivolgersi nuovamente alla madre e, dato che le emozioni del bambino sono così ambivalenti, inizia ad allontanarsi e riavvicinarsi.
Questo cosa comporta rispetto al sonno?
Questa fase, detta crisi di riavvicinamento, trova un ovvio riflesso sul sonno. Il bimbo appare regredire e comportarsi come faceva qualche tempo prima; per cui potrebbe richiedere maggiormente la presenza dell’adulto, tempi di addormentamento più lunghi, mancanza di voglia nell’andare a letto, risvegli più frequenti, ricerca del contatto con la mamma (o il papà).
E’ importante che il genitore sia consapevole che il bambino per potere crescere deve fare questo, cioè attraversare questa fase. E, pur nella difficoltà della gestione quotidiana, sia diurna che notturna, in realtà va proprio bene che il bambino faccia così: questa è la strada per diventare grande!
E’ anche necessario, e altrettanto importante, che l’adulto possa permettergli di allontanarsi e riavvicinarsi; sarà quel “porto” sicuro in cui tornare ed andarsene per potere affrontare mari calmi ed in tempesta! L’adulto sarà un punto saldo per il bambino che potrà sentirsi rassicurato e rafforzato dal contatto richiesto e necessario, così facendo potrà superare questo periodo di crescita.
Un occhio di attenzione rispetto alle nottate: sarà essenziale che il genitore continui a considerare le capacità del bambino e il livello che aveva raggiunto rispetto alle autonomie legate al sonno; quindi fare in modo di favorirle, pur accettando il maggiore sostegno che necessita, considerando che questo bisogno può essere discontinuo proprio per l’ambivalenza emotiva che il figlio prova.
La tranquillità e serenità che il bimbo troverà nel genitore, nel momento del riavvicinamento, aiuterà il bambino a superare questa fase di crescita.
A due anni ancora non dorme! Che cosa può fare il genitore?
- Permettere con accoglienza il riavvicinarsi (diurno e notturno) senza trattenere;
- Tollerare l’ambivalenza, avendo uno sguardo attento quando il maggiore sostegno va dato e quando, invece il piccolo ha bisogno di fare anche da solo. In genere i bambini lo fanno capire chiaramente.
- Di notte può essere di aiuto un oggetto transizionale (un peluche, il ciuccio, una copertina di “Linus”).
Penso che per il genitore sapere che questa crisi è necessaria alla crescita del proprio figlio e che passerà, possa aiutare a stare più sereni e creare così un circolo virtuoso rispetto ai tempi di superamento di questa fase da parte del piccolo. Mi piace pensare che questo processo di crescita non sia solo del piccolo, ma di mamma e papà insieme a lui!
Dott.ssa Barone Daniela – Psicologa,Psicoterapeuta
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