È risaputo che le mamme siano in grado di riconoscere il pianto dei propri bambini. Si sa anche che il loro sonno è sincronizzato in modo da riuscire a rispondere prontamente ad ogni loro bisogno anche nel mezzo della notte.
Studi recenti hanno dimostrato che anche i papà sono in grado di distinguere il pianto dei propri bimbi da quello di altri. Questo, però, succede a condizione che passino insieme a loro un certo numero di ore ogni giorno. Rispetto al sonno, i ricercatori dell’Università di Notre Dame (Indiana, USA) sostengono che i padri che dormono vicini ai figli abbiano livelli di testosterone più bassi. Si tratta di una risposta biologica indotta dalla vicinanza del proprio bambino che li aiuta ad attivarsi velocemente se necessario.
Quindi perché parlare sempre e solo delle mamme?
I papà ricoprono un ruolo molto importante fin dalla nascita dei propri figli. Lo fanno non solo, come comunemente si ritiene, supportando la neomamma nell’accudimento del neonato e alla cura della casa. Questo è certamente un aspetto fondamentale perché, così facendo, i neo-papà facilitano:
- l’avviamento dell’allattamento che richiede alla neomamma molte energie e molto tempo;
- l’instaurarsi della relazione madre-bambino.
Ma non solo: in tal modo si rafforza fin da subito il legame padre-bambino. Per un bambino è positivo sviluppare relazioni di attaccamento con più figure di riferimento simultaneamente. Secondo Margaret Mead rappresenta un vantaggio evolutivo. Ne è prova il fatto che, in passato, fossero tante le figure che si prendevano cura del nuovo nato insieme alla mamma.
Inoltre, può succedere che un bambino sviluppi legami diversi con figure diverse; un attaccamento sicuro con almeno uno dei due genitori può rivelarsi un fattore protettivo rispetto allo sviluppo. Inoltre sarà maggiore la possibilità di instaurare in futuro legami di attaccamento sicuri con i propri figli o con il partner (Hall, 1998).
Pertanto, la mamma rappresenta certamente la prima figura di attaccamento; tuttavia anche il papà, i nonni e altri adulti possono divenire dei punti di riferimento importanti per il bambino. Per capirne la valenza positiva basta pensare a quando la mamma rientra al lavoro e ha necessità di affidare il figlio ad altre persone (Rankl, 2010).
Il ruolo del papà nei risvegli notturni
Pensando all’allattamento, è più semplice capire il ruolo del papà in caso di latte artificiale; questo perché fin da subito può alternarsi con la mamma. Al contrario, in caso di allattamento al seno, il papà può essere molto d’aiuto quando il bambino ha superato i primi 3/4 mesi. E’ questo il momento in cui iniziare a provare ad allungare i tempi fra una poppata e l’altra, soprattutto di notte.
I papà possono essere utili, al pari delle mamme, nell’acquisizione della capacita di autoregolazione dei bambini. Possono farlo rispondendo in modo contingente ai loro richiami. Questo anche perché, se accorrono al pianto del figlio al posto della mamma, riuscendo a consolarlo senza che sia necessaria la poppata notturna, è possibile ridurre gradualmente il numero di risvegli notturni.
A volte, i risvegli frequenti con pianto sono dovuti al fatto che il bambino non ha ancora imparato a riaddormentarsi da solo. Di conseguenza, il bisogno che esprime è più di vicinanza e contatto che di nutrimento. È opportuno rispondere sempre anche a tale esigenza. Questo perché solo se un bambino sente soddisfatti tutti i suoi bisogni, può sviluppare la sicurezza e può iniziare ad autoregolarsi (ed auto-consolarsi). L’autoregolazione è un prerequisito per lo sviluppo dell’autonomia.
Il ruolo del papà nel processo di separazione-individuazione
Un’altra funzione che possono svolgere i papà è quella di favorire il processo di separazione-individuazione del bambino. Quando si parla di separazione si intende “l’emergere dalla fusione simbiotica con la madre, cioè il bambino inizia a considerarsi non più un tutt’uno con la mamma, ma separato da essa”.
L’importanza di ciò emerge maggiormente quando le difficoltà di addormentamento sono dovute alla difficoltà del bambino nel separarsi dalla mamma. Ciò può accadere soprattutto se la mamma per prima non è pronta a lasciar andare il piccolo per motivi come il senso di colpa per aver ripreso il lavoro. Questa difficoltà potrebbe essere ridotta se il papà fosse coinvolto attivamente nella routine serale che precede la nanna. In questo modo il bambino potrebbe anche sperimentare modalità diverse di addormentamento e ridurre gradualmente la necessità di avere accanto la mamma.
Il ruolo del papà nell’addormentamento
Si potrebbe anche pensare di lasciare ai papà il momento finale della routine della nanna. A volte, infatti, accade che i papà riescano ad assumere un atteggiamento più sereno. Questa tranquillità è trasmessa automaticamente al bambino, che si sente più sicuro e si lascia andare più facilmente al sonno.
Non è la regola però: alcuni papà sono ancora più ansiosi delle mamme!
Concludendo, invito le mamme a condividere l’accudimento dei propri figli con i papà. Capita che alcune neo-mamme non riescano a fidarsi pienamente e preferiscano occuparsi da sole dei figli per fare tutto “nel modo giusto”. Ma è fondamentale per i neo-papà ricevere fiducia e sperimentarsi fin da subito. Questo per non rischiare di diventare “imbranati” e insicuri e quindi rinunciare di fronte alla prima difficoltà. D’altra parte, spesso, neppure le neo-mamme sono così abili all’inizio; un tempo si faceva più esperienza con i neonati, perché si avevano tanti fratelli o cugini più piccoli, ora non è più così.
Quindi non chiediamo la perfezione neppure ai neo-papà! Ricordiamoci che non è necessario fare tutto allo stesso modo; anzi, il bambino sarà arricchito dalle differenze di mamma e papà nel coccolarlo, vestirlo, o… aiutarlo ad abbandonarsi al sonno!
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