Sempre più spesso sentiamo parlare di cosleeping, dei suoi “pro” e dei suoi “contro” ma… Siamo sicuri di sapere di cosa si tratti?
Il tema, di per sé, tende a “spaccare” in due le opinioni. C’è chi lo ritiene il re di tutti i mali, la culla dei mammoni; c’è chi lo sostiene a spada tratta, considerando abominevole ogni altra forma di nanna. Contribuisce a spaccare le opinioni, la confusione che, spesso, su tale argomento si fa.
Partiamo quindi con il fare chiarezza!
Cosleeping non vuol dire per forza dormire tutti nel lettone…
- Per cosleeping si intende ogni situazione in cui un adulto dorma nelle immediate vicinanze del suo bimbo. Questo accade in modo che adulto e bambino possano rispondere ai segnali sensoriali l’uno dell’altro. Per i genitori, inoltre, è funzionale a rispondere velocemente ai suoi bisogni e a segnali di disagio.
- Il bedsharing, invece, è la condivisione dello stesso letto, ed è UNA delle forme di cosleeping.
- Fa parte del cosleeping anche il roomsharing cioè la condivisione della stessa stanza ma dormendo in spazi diversi.
Fatta tale distinzione, molti genitori potrebbero scoprire che, anche se non lo sapevano, hanno fatto cosleeping… Come è successo a me quando, da neomamma, stavo cercando informazioni su come risolvere le difficoltà di addormentamento della mia bimba.
È, infatti, una pratica diffusa nei primi mesi di vita dei bimbi, quella di farli dormire nella stanza di mamma e papà.
Che il bambino dorma in una culla, nella navicella, nel side-bed o che sia collocato a lato del lettone, ai suoi piedi, o staccato da esso, poco importa… Ciò che conta è la prossimità!
In una situazione come questa, l’adulto e il bambino imparano a comunicare attraverso diverse modalità sensoriali – visiva, uditiva, olfattiva e tattile – che si rinforzano in modo vicendevole.
Cosa dice la ricerca scientifica
Numerosi studi hanno dimostrato che le risposte neurobiologiche che si scatenano in un bimbo quando sente l’odore della sua mamma, il suo tocco e i suoi movimenti portano ad una riduzione significativa del pianto. Contemporaneamente regolano, in modo positivo:
- il suo respiro e la temperatura corporea;
- l’assimilazione delle calorie;
- i livelli di ormoni legati allo stress, lo stato immunitario e la sua ossigenazione.
Inoltre, è stato dimostrato che il cosleeping, anche anche se solo roomsharing, favorisce cambiamenti positivi quali una maggiore durata del sonno.
Del resto, lo sviluppo dell’autonomia parte dal poter sperimentare una iniziale buona dipendenza; sapere, nei primi mesi di vita, che la mamma e il papà sono lì e che saranno tempestivi nel rispondere ai suoi bisogni, facilita il senso di sicurezza di ogni bimbo!
E se occasionalmente vi capita di fare del bedsharing… Non credete alle voci popolari che recitano: “non metterlo mai nel lettone, altrimenti prende il vizio!…”. I neonati non hanno vizi, hanno bisogni!
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